Quando l’Arte è contemporanea.
I periodi storici sono convenzionalmente necessari nella consapevolezza, tuttavia, che al di là degli eventi-soglia resta quel fluttuare del tempo, in cui all’osservatore attento non gli resta che annegare nella concatenazione degli eventi; considerazioni ancor più stringenti sono quelle dettate dalla totale immersione in ciò che è a noi contemporaneo, che ci vede in parte osservatori, ma in fondo totalmente protagonisti di quanto vorremmo osservare con critica distanza. Ogni volta che ci si avventura in uno scrigno di arte e di bellezza - come un sito dall’antica fondazione, qual è appunto il Complesso Monumentale di S. Maria La Nova - questo gioco del tempo nei labirinti degli spazi, attraversati da quel racconto che chiamiamo storico, ci sembra a noi prossimo e, quindi, contemporaneo. L’aurea solennità delle forme forgiate dal tempo a confronto con segni e policromie dei nostri giorni non restano mute e sorde al loro contatto; non restano lo scenario impassibile e distaccato di installazioni transitorie, ma, in un dialogo riannodato, ci restituiscono la contemporaneità delle forme ormai accreditate dal tempo, riavviando l’orologio della creatività umana. L’installazione di opere dei nostri giorni non è, dunque, solo un confronto stimolante tra sensibilità e canoni estetici dissimili per contesto e periodizzazione storica, ma ci restituisce uno sguardo immersivo tra passato e futuro in cui tutto potrebbe ridivenire a noi contemporaneo. Al di là di tutte le opportune considerazioni sui punti nodali e critici di tali profili di sperimentazione, credo che l’ospitalità estetica di opere di artisti dei nostri giorni non sia un gioco a danno dall’austera classicità, una profanazione del velo solenne dell’armonia di un tutto, ma, se nata all’interno di un’animazione culturale, ci riproponga un ulteriore profilo di ingresso nella monumentalità che ci sovrasta.
I Troni di Vita di Fiamma Zagara si inseriscono in questo spazio sacro come un magma eruttivo, denso di colori e di forme plastificate dal tocco creativo, impenetrabili e taglienti per molti aspetti eppure a tratti dotate di rara delicatezza: sono le forme di una realtà magmatica e critica, liquida eppure alla ricerca di approdi, nomadica ed informale come delle migrazioni di popoli, ma capace di riecheggiare gli archetipi dell’umano. Sono Troni orami vuoti di simbologie e gerarchie di autorità, sono spazi dove la libertà ha creato vuoti di regalità, restituendo alla Vita stessa il diritto di troneggiare nella varietà irriproducibile delle espressioni umane; in tal senso, sono poesia della liberazione e crisi della responsabilità individuale, invocando una nobiltà non più fatta di spada e di armature, di gemme e di corone auree, ma sollecitando quel dato primordiale ed unificante che è la nostra stessa presenza alla Vita.